Medicina “alternativa” o medicina convenzionale, quindi?
Medicina integrata, secondo l’OMS
I due sistemi della medicina tradizionale e occidentale non devono necessariamente scontrarsi. Nel contesto delle cure sanitarie primarie, possono unirsi in benefica armonia, impiegando i punti di forza di ognuno dei due sistemi, e compensando alcune debolezze presenti in entrambi. Questa cosa non accadrà da sola. Devono essere prese delle decisioni accurate sui protocolli. Ma può essere fatto con successo”
Citazione molto usata, che deriva da un documento ufficiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, intitolato Strategia dell’OMS per la Medicina Tradizionale 2014 – 2023. In realtà (come approfondivo in questo articolo, in cui raccontavo se sia più corretto parlare di medicina alternativa o di medicina complementare), il documento strategico riguarda tutte le cosiddette Medicine Tradizionali e Complementari. Che da ora, simpaticamente, chiameremo T&CM: ogni volta che scriverò questa sigletta, saprai che sto parlando – semplificando – dell’olistica.
Ma veniamo al dunque: oggi, come promesso, usciremo dalla terminologia ed entreremo nello specifico dei contenuti esposti in questa strategia dell’OMS. Come l’Organizzazione sostenga l’opportunità di integrare le T&CM e la medicina scientifica convenzionale, in che ambiti, con quali accortezze. Riepilogando alcuni punti salienti del documento in questione, e del suo predecessore del 2002, che potrai personalmente verificare ai link in calce.
Perché integrare medicina complementare e convenzionale?
1. Richiesta in aumento
L’OMS la fa molto semplice: la domanda delle pratiche che noi ancora chiamiamo alternative è crescente, esponenzialmente. Urge quindi prenderne atto, regolamentarle e assicurare agli utenti la giusta offerta: prodotti efficaci e di qualità, professionisti competenti e formati con i sacri crismi. Per non lasciare che approfittatori poco seri colgano l’occasione. Magari – auspica l’OMS – creando disciplinari validi anche a livello internazionale, per poter distinguere i professionisti validi.
Due numeri su questi aumenti? Il documento li riporta. Una prima sorpresa è che la questione non riguarda solamente i paesi in via di sviluppo, che nel nostro ingenuo immaginario potremmo ritenere più “creduloni”. Se pensi alle nazioni dove si sta bene, economicamente e a livello di qualità della vita, Francia, Canada e Australia entrano in lista, nevvero? Bene: già nel 2002, la percentuale di persone che erano ricorse almeno una volta alle T&CM nei paesi di cui sopra era, rispettivamente e nell’ordine, del 75, 70 e 48%. Nel 2013, nel 30% degli stati facenti capo all’OMS le Medicine Tradizionali erano già insegnate a livello universitario. E se consideriamo l’intera Europa, più del 13% della popolazione faceva, già al tempo, uso regolare di pratiche definibili come Tradizionali o Complementari. Sono passati 20 anni in cui il trend non ha conosciuto calo, da allora…
2. La complementarietà
Perché questo interesse crescente? Da nazione a nazione pare esistano motivazioni comuni ma anche grandi differenze. Ad ogni modo, traduco di seguito cosa la strategia OMS del 2013 riporta in merito. “Alcuni studi hanno mostrato che gli individui scelgono le T&CM per vari motivi, inclusi: una domanda crescente per tutti i tipi possibili di servizi per la salute, un’insoddisfazione crescente nei confronti dei servizi sanitari esistenti, un desiderio di maggiore informazione che porta a un’aumento della consapevolezza rispetto alle opzioni alternative, e un riacceso interesse per la “cura totale della persona” e per la prevenzione, che sono più spesso associate alle medicine Tradizionali e Complementari. Inoltre, le T&CM riconoscono il bisogno di focalizzarsi sulla qualità della vita quando la cura non è possibile“.
Ed ecco che iniziamo ad entrare nel vivo, nell’ambito dei punti di forza e delle debolezze di cui sopra.
Quindi come integrare medicina complementare e convenzionale?
E’ imperativo riconoscere e affermare il ruolo essenziale della medicina convenzionale nella sua capacità di far fronte con competenza a patologie e traumi acuti, nelle sue innovazioni tecniche in materia di diagnosi e cura, e nelle sempre crescenti applicazioni cliniche delle scoperte fatte nei campi delle scienze di base. Ciononostante, è nei rami dell’assistenza globale e della gestione delle condizioni legate alle patologie croniche che l’approccio della medicina convenzionale – riduzionista, meccanicista e organo-specifica -, può risultare carente.
Ho riportato, anche qui, una mia traduzione del testo originale inglese, piuttosto che parafrasare. Vediamo quindi le due questioni fondamentali.
1. Quando il disturbo è cronico
Negli Stati Uniti, l’impiego più massiccio delle medicine tradizionali si aveva da parte di malati di HIV, o di patologie croniche come il diabete, il cancro o le malattie cardio-vascolari. Con buona soddisfazione generale degli utenti, in termini di miglioramento della qualità della vita. Questo ancor nel 2002, sulla base di dati e sondaggi degli anni ’90. Alza la mano se stai ancora leggendo, e sapevi già che dal 2002 l’OMS fa una distinzione chiave fra patologie acute e croniche. Sostenendo l’integrazione delle medicine tradizionali con la convenzionale soprattutto nel trattamento delle seconde, per ottenere benefici sulla qualità della vita “quando la cura non è possibile”. Se ne parla poco, almeno in Italia, ma sta scritto lì.
2. Per promuovere il benessere
Altro concetto chiave è quello di cura totale della persona. Dovete sapere che l’OMS si propone, per costituzione, di contribuire a raggiungere il più alto livello possibile di salute della popolazione, a livello mondiale. Con un forte accento sulla centralità della persona, e sul promuovere servizi e politiche di mantenimento e miglioramento del benessere. Non solo, quindi, di cura in caso di malessere.
Interessante cosa dice in merito alle sfide da affrontare per raggiungere questo obiettivo. “Un altro problema fondamentale è la predominanza di servizi che si limitano alla cura, incentrati sull’ospedalizzazione e focalizzati sulla patologia, che sono spesso scarsamente integrati con il concetto di un sistema sanitario di più ampio respiro. Questi servizi supergravosi sono responsabili di grandi inefficienze che potrebbero essere rettificate nella direzione di una copertura globale. Al posto di queste barriere, le medicine tradizionali e complementari qualificate potrebbero portare un contributo positivo alla copertura sanitaria globale“. Stando a quanto sopra, globale nel senso di orientata anche al mantenimento del benessere, non solo al rimedio.
Come attuare l’integrazione, in concreto?
L’OMS suggerisce di attuare politiche concrete per integrare le T&CM nei sistemi sanitari nazionali. Con più controllo di professionisti, pratiche e prodotti. Con la certezza che vengano impiegate quando e dove serve, e non a sproposito. Con la sicurezza che nessuno, che non sia un medico, possa avere la possibilità di fare diagnosi, o correre il rischio di sottovalutare sintomi. E con la possibilità di detrarre le relative spese, o di vederle rimborsate dalle coperture assicurative.
In un’ottica di accessibilità ai servizi orientati al benessere, poi, promuove anche il dialogo fra professionisti delle medicine convenzionali e complementari, nell’interesse della persona. Non ci credi? E io ri-cito: “[…] favorire un accesso equo alla salute e all’integrazione della T&CM nel sistema sanitario nazionale che includa il rimborso, l’invio di pazienti a professionisti di T&CM, laddove appropriato, ed i percorsi di collaborazione”. Nel mulino che vorrei, e non occorre neanche che ci sia Banderas, andrebbe già bene così 🙂 E spero davvero che in Italia ci si muova in questo senso quanto prima.
Mi fermo qui, almeno per ora; i documenti presi in esame hanno più di 70 pagine cadauno e contengono molti altri spunti. Se sei curioso di saperne di più, i link ai documenti originali li riporto anche qui in basso. La mia speranza, intanto, è di averti incuriosito e stimolato a porti qualche domanda in più sull’argomento. 🙂